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a cura di Rebecca Mombelli
Corrispondente da Londra
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Joan Mirò –The Ladder
to Escape

Foto Archivio Sognoelektra,
Fondazione Joan Mirò Barcellona

 

 

Joan Mirò – The Ladder to Escape

 

Joan Mirò: surrealismo, colori, linguaggio infantile e una sostanziale allegria spagnola è quello che il visitatore porta con sè arrivando alla Tate Modern di Londra (e a breve alla fondazione Mirò di Barcellona e poi alla National Gallery of art di Washington dove verrà riproposta la mostra). Ma è già sulla soglia che dovrà lasciare le vecchie convinzioni: l’esposizione alla Tate Gallery, creata in collaborazione con la Fondaciò Joan Mirò di Barcellona – per la quale rimando all’articolo - La Fundaciò Joan Mirò a Barcellona: un museo di arte contemporanea da sempre all’avanguardia – è l’apice, infatti, di un progetto di ricerca incentrato sul maestro del Surrealismo, iniziato nel 2007, avente il fine di ridefinire la figura dell’artista. Amici, allievi, parenti e studiosi hanno collaborato al progetto, riuscendo a collocare Joan Mirò (1893-1975) in una prospettiva più ampia e più profonda.

 
Il percorso della mostra è di natura cronologica, nonostante caratterizzato da numerosi e significativi rimandi da una sala all’altra ed è anche un buon ripasso di storia del Novecento che, stando ai nuovi studi, non lasciò immune la mente dell’artista, e si riflettè in tutta la sua produzione; la disposizione cronologia delle opere, tra l’altro, mantiene intatta la volontà di Mirò di una produzione divisa in serie.
Si incomincia quindi con le prime commissioni in Catalonia, dove spicca l’amore e il patriottismo per questa terra, spagnola ma così differente dal resto della penisola, ed espressa nei paesaggi dipinti nella tenuta di Mont-roig, che presto divenne un luogo per l’esplorazione del proprio paesaggio interiore. I dipinti esposti in questa sala sono totalmente diversi da quelli che hanno reso famoso il nostro autore, qualificati da una pittura quasi bidimensionale riempita da numerosissimi dettagli e un uso dei colori che ci rimanda alla sua terra natia; l’effetto generale è quasi la creazione di piccoli arazzi. Questi paesaggi verranno ricordati, avanti nella mostra, accanto alla serie dei Paesaggi Animati, che seguono il soggiorno parigino e le amicizie con gli artisti francesi d’avanguardia (tra cui Masson, Ernst e Arp), e seguenti la pubblicazione del Manifesto del Surrealismo del 1924 per il quale fu di primaria importanza il poeta Andrè Breton. È con questi lavori che inizia a manifestarsi l’interesse del pittore riguardo al subconscio e alla sua manifestazione mediante oggetti sovrapposti. Il linguaggio di Mirò è diventato radicale qui, preferendo larghi spazi di pittura uniforme e qualche semplice linea a definire una figura, piuttosto che l’esuberanza dei dettagli dei primi paesaggi catalani.
Ma è nella seconda sala che possiamo notare come il rapporto con la politica contemporanea si faccia spazio nella produzione del nostro: l’interesse per il surrealismo è affiancato dal patriottismo catalano nella magnifica serie dei Ritratti di Paesani , dove il solo cappello rosso rende omaggio all’intera regione spagnola. E alla politica richiamano anche le sale successive, con le pitture che seguono la nascita della dittatura franchista in Spagna, violente come è violenta la dittatura e con un linguaggio che riesce ad essere simile a quello degli odierno graffiti, in qualche modo anch’essi pittura di reazione; attraverso la Serie di Barcellona, nella quale ritroviamo i riferimenti al personaggio di Jarry Ubu Roi, passiamo dalla reazione al regime spagnolo alla reazione per la Guerra Mondiale; nonostante sia impegnato a combattere in Normandia, Mirò cerca di mantenere un certo equilibrio nelle sue opere, che lasciano da parte la forza espressiva degli anni Trenta per un ritorno alle figure semplici che avevano strutturato i primi esperimenti surrealisti.

 
Fonte Tate YouTube - Video Joan Mirò
 
È qui che arriva il Mirò più conosciuto: la serie delle Costellazioni è semplicemente magnifica e suggestiva, interpretata qui come l’esilio interiore che segue la decisione tedesca di invadere la Francia. E poi le pitture di grandi dimensione, come i due Trittici che occupano una sala ognuno e sono strepitosi nella loro grandezza, semplicità e potenza. Ma anche le opere meno conosciute come le ceramiche, che sembrano anticipare il linguaggio dei più grandi scultori del Novecento come Moore, Hepworth e Melotti.
Il percorso si chiude con gli ultimi lavori dell’artista eseguiti durante le contestazioni giovanili degli anni Sessanta, durante i quali egli sentì di dover esprimersi come artista, producendo lavori sublimi come le Tele Bruciate.
La sensazione, una volta usciti dall’esposizione e seduti sui divanetti della Tate guardando gli altri ospiti e i lavori in corso nella Turbine Hall, se si ha ancora la forza di pensare dopo le tante informazioni incamerate, è di essere davvero vicini, ora, alla figura di un uomo che con il suo pennello ha fatto la storia della nostra arte e, in parte, anche della nostra civiltà.
Retrospettive così grandi sono difficili da organizzare: gli anni di studio che si devono supportare, il calcolo dei visitatori (che, a proposito, in questo caso è davvero immenso, soprattutto nei finesettimana), il recupero delle opere e tutto il resto. Ancora una volta però, la Tate Gallery si è dimostrata all’altezza delle aspettative, organizzando un’esposizione che sicuramente entrerà nella storia.

 
Foto Copyright by Archivio Sognoelektra, Fondazione Joan Mirò Barcellona
 
Joan Mirò, the ladder to escape
Tate Modern, London
14 aprile-11 settembre 2011
Fondaciò Joan Mirò, Barcellona
13 ottobre 2011 – 25 marzo 2012
National Gallery of art, Washington
6 maggio, 12 agosto 2012

Catalogo Tate Modern Publishing
INFO www.tate.org.uk/modern

FOTOGRAFIE: Copyright by Archivio Sognoelektra, Fondazione Joan Mirò Barcellona

Mostra visitata il 21 maggio - pubblicazione giugno 2011

Rebecca Mombelli

 
Foto Copyright by Archivio Sognoelektra, Fondazione Joan Mirò Barcellona



 
Rebecca Mombelli

Rebecca Mombelli, diplomata al liceo classico è laureata in Lettere Moderne, indirizzo
Storico-Artistico, all'Università degli Studi di Pavia, collabora con testate web per pagine di opinione e viaggi.
Interessata alla didattica museale ha frequentato il Laboratorio Bruno Munari di Milano, collaborando per
uscite didattiche ad alcune mostre d'arte con scuole elementari.
Attualmente vive a Londra.

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